L’arte interrotta di Stefano Spagnoli
August 18, 2025Vita immaginaria
August 18, 2025Le valenze possibili di un linguaggio
Arturo Carlo Quintavalle
Da Convergenze 8, catalogo dell’esposizione presso la Galleria degli Antichi, Sabbioneta 1968
Stefano Spagnoli è uno sperimentale, nel senso più positivo del termine, ricerca cioè le valenze possibili di un linguaggio che, da esteriore e quindi illustratore, per lui deve farsi significante, polemicamente significante.
Le sue esperienze sono direttamente denunciate, come chiunque accetta di essere parte di una cultura e non per nulla la sua è qualificante: Grosz e poi Klee e Ben Shahn; al di là però della tradizione grafica e pittorica delle opere di protesta, nelle composizioni di Spagnoli si trova una genialità inventiva e una capacità polemica di accostamenti notevole. Per esempio il riconoscere possibilità di nuovi significati in schemi consunti quali le cornici a treccia dei manifesti da “balera”, riempiti appunto di figurazioni a contrasto, può essere utile dimostrazione appunto di cosa è in effetti l’amore nella società del consumo, o di quali sono gli ideali dell’ingegnere, una volta finita la presentazione professionale, o di che cosa si nasconde dietro il mito di Superman (la terminale mutazione dell’Ubermensch nietzschiano)… Sono questi, se si vuole, i personaggi della saggistica sociologica, da Adorno a Marcuse, ma la capacità di formare linguaggio di Spagnoli è appunto tale da riproporli con evidenza che scava e ferisce nel lettore.
Un altro aspetto, a mio vedere integrante il precedente, è la sensibilità strutturale di Spagnoli che esce bene da due opere qui esposte, appunto Città (1967) e Diario del fabbricante di stoffe; l’opera qui si fa cornice e struttura e l’idea di collegare appunto le vedute possibili a quelle previste e consuete moltiplica le valenze del rappresentato: così la città veduta dall’alto col “cielo” compenetrato come in un plastico in cui sia entrato il tempo, così ancora, e con maggiore evidenza, nell’altro oggetto, appunto il Diario, dove elementi reali, riprodotti con liberty esattezza (le stoffe), e altri altrettanto veri ma accaduti nel tempo, la casa progettata, per esempio, si compenetrano. Forse il pezzo che appare più singolare, la scultura Zago, è quello anche che presenta la novità inventiva più qualificante unita ad una caustica vena critica: il fallo uncinato che, al di là della funzione architettonica nel sistema, introduce chiaramente al non-valore del personaggio, alla sua violenza, nascosta neppur troppo abilmente sotto i colori sgargianti, le ali di plastica, il mito della forza dal Superman muscoloso, aitante, a questo oggetto apparentemente giocattolo ma, al contrario, polemicamente dissacratore.